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Intervista al Nobel cinese Gao Xingjian


Gao Xingjiang al Pisa Book Festival 2011

di Elena Di Stefano

È  orgoglioso di partecipare al Pisa Book Festival Gao Xingjian, l’unico autore di origini cinesi che ha vinto il Premio Nobel per la letteratura, assegnatogli nel 2000 per il romanzo autobiografico “Il libro di un uomo solo”. Nato nel 1940 in Cina, Gao si afferma giovanissimo sulla scena letteraria ma l’avvento della Rivoluzione Culturale di Mao Tze-tung lo costringe a fuggire dall’ostilità e dalla censura e a rifugiarsi a Parigi, dove rimarrà per sempre. La fuga e la rinascita segnano indelebilmente la sua vita di uomo e la sua produzione artistica («ho vissuto tre vite: una in Cina, una in esilio e una adesso, una vita universale»).

Noto al grande pubblico per il suo capolavoro letterario “La Montagna dell’Anima” (il racconto di un lungo viaggio nella Cina del sud e di un’intensa ricerca esistenziale), Gao ha sempre affiancato a una ricchissima produzione letteraria (è narratore, saggista, poeta, drammaturgo, traduttore) l’attività di pittore e, più recentemente, di regista per il cinema.

La Kinzica ha incontrato Gao Xingjian durante l’incontro su Letteratura e libertà che ha aperto la nona edizione del Pisa Book Festival, dove Gao ha presentato l’edizione italiana di alcuni suoi scritti teatrali pubblicati dalla casa editrice pisana ETS.


Com’è stata la sua esperienza di artista durante la censura, all’epoca della Rivoluzione di Mao Tze-tung?

«Quando il regime autoritario si è instaurato, frequentavo l’Università ma prima avevo già letto molto e conosciuto l’opera di molti artisti, per cui avevo già l’abitudine di pensare con la mia testa. A 18 anni ho terminato la mia prima sceneggiatura e all’epoca dell’Università avevo già scritto varie opere ma quando mostravo i miei manoscritti ad amici e intellettuali, tutti mi sconsigliavano di farli leggere e di mandarli agli editori dicendomi che avrei avuto molti problemi. Quando è iniziata la Rivoluzione culturale ho iniziato a temere davvero e allora ho bruciato molti manoscritti, una valigia con quasi 30 chili di documenti. Dopo la morte di Mao ho iniziato a pubblicare e mettere in scena in Cina i miei testi ma sono sempre stati osteggiati, respinti, censurati (ndr le sue opere sono state vietate in Cina dalla fine degli anni Ottanta e l’autore è stato dichiarato persona non grata sul territorio cinese).»

Che cosa pensa, oggi, del regime di Mao?

«Mao è stato indubbiamente un dittatore e il suo regime ha avuto molti gravi effetti, tra i quali anche la censura culturale. Oggi però la Cina sta attraversando una dittatura della globalizzazione, e anche questo è un problema. Tra  gli intellettuali Il maoismo ha avuto nel mondo molti sostenitori, non soltanto all’epoca delle grandi ideologie ma anche in epoche più recenti.»

La fuga ha segnato la sua vita ed è anche il titolo di un suo testo teatrale.

«In certe situazioni, se uno vuole sopravvivere, la sola possibilità è la fuga. Lo stesso accade anche nello spirito: bisogna sapersi liberare dall’imposizione del potere, essere liberi e indipendenti nel pensiero e sapere fuggire dal pensiero e dall’ideologia.»

Come ha iniziato la sua produzione artistica?

«Sono stato fortunato perché la mia famiglia mi ha potuto dare una buona educazione (ndr il padre era un funzionario di banca e la madre un’attrice dilettante che lo spinse a interessarsi al teatro e alla scrittura) e ho iniziato presto a scrivere e a dipingere: avevo 12 anni quando ho iniziato con la pittura. Per questo non c’è per me una frontiera nell’arte tra letteratura e pittura

Oggi viviamo sotto l’influenza del capitalismo, che cosa significa per un autore?

«Se l’artista non resta indipendente si perde. Il problema della nostra epoca è il potere del mercato, che è penetrato ovunque, anche nella cultura e anche nel libro. Per questo è importante difendere i piccoli editori. So molto bene che cosa significa per un autore scrivere e pubblicare contro le mode e la legge del mercato. Per esempio, i miei romanzi sono stati tradotti in 40 lingue nel mondo mentre le mie opere teatrali sono state rifiutate da tutti i più grandi editori.»

Lei ha vissuto in Oriente e in Occidente e conosce bene entrambi, come uomo e come artista. Come vede il futuro, ci sarà un’evoluzione o un’involuzione per la nostra civiltà?

«Attualmente l’Occidente sta vivendo una crisi e sembra che non sia in grado di uscire. C’è una speranza. Dietro alla crisi economica che stiamo attraversando c’è una profonda crisi di pensiero in Occidente. Ci sono stati molti grandi sconvolgimenti nell’ultimo secolo: i due conflitti mondiali, i regimi totalitari e ora la mondializzazione, divenuta così massiccia nell’ultimo decennio. Nessuno però aveva previsto questo declino dell’Occidente, né come gestire la società in questa crisi. Il vero problema è che non è ancora stato affrontato un dibattito profondo sulla crisi del pensiero e sulle origini del declino attuale. La domanda è: qual è il futuro dell’umanità e che cosa dobbiamo fare? In Occidente è fiorito un tempo il Rinascimento e la sua eredità è durata per molti secoli successivi, i Paesi asiatici e il Terzo mondo non hanno fatto altro che copiare e seguire l’esempio del Rinascimento occidentale. Oggi l’Occidente è in affanno e il problema non è soltanto economico, è molto più complesso: è il modello della società di sviluppo che è andato in crisi. Pensiamo anche all’inquinamento e all’esaurimento delle risorse del pianeta. Perché dobbiamo continuare così? Va ripensato il modello di sviluppo. Questo è il vero problema della nostra epoca.

Pisa Book Festival 2011
21,22, 23 Ottobre
Palazzo dei Congressi e Stazione Leopolda, Pisa

 

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